23 novembre 2024
Due mostre simultanee alla Gebaude art gallery che per un fine settimana ha raddoppiato i propri spazi, in via Cagliari 4 e 6.
Due percorsi complementari che esplorano la memoria, la ribellione e l’identità attraverso il linguaggio artistico contemporaneo.
La prima è “No fear, Seraphim” con le opere di Amirah Suboh, Dorotea Tocco, Roberto Chessa a cura di Claudia Melis Cargiaghe e Giovanni Manunta Pastorello. La mostra mette in scena il coraggio iconoclasta di tre artisti che rifiutano le gerarchie prestabilite dell’arte e riscrivono il rapporto con il passato attraverso opere ribelli e dissacranti. Questa mostra esplora il tema dell’assenza di paura non come semplice coraggio, ma come atto consapevole di sovversione. Gli artisti sovvertono l’eredità culturale con linguaggi personali: Chessa reinterpreta opere conosciute in chiave geometrica futurista, Suboh interviene sui ricordi familiari trasformandoli in collage che divorano il passato, mentre Tocco crea universi sospesi tra quotidianità e sogno, dove l’inquietudine dialoga con l’ordinario.
Il titolo fa riferimento ai Serafini, simbolo di devozione, ma qui riletti come figure che, pur vicine al divino, sfidano il loro ruolo imposto. Diventa così un invito alla ribellione artistica e sociale, un’esortazione a riscrivere il presente con sguardo critico e creativo.
La seconda è “Retrospettiva” con le opere di Manuel Casati a cura di Alice Zucca e Giovanna Pittalis. Sound di Mattia Mennuti. La mostra celebra il percorso artistico di Casati, esplorando il suo straordinario linguaggio estetico e performativo, che intreccia moda, fotografia e installazione. L’abito, nelle sue mani, diventa molto più di un oggetto funzionale: è un simbolo di trasformazione e un ponte tra epoche, dal Settecento al punk contemporaneo. Il teatro della vita è centrale nella poetica di Casati, che attraverso performance e installazioni trasforma l’effimero in eterno, esplorando i confini tra apparenza e autenticità. “Retrospettiva” è un invito a riflettere su come l’arte possa trasformare il personale in universale, intrecciando materia e immaginazione in un dialogo costante con il tempo.